Scienza e Ricerca tecnologica in Italia

L’Italia fa parte del “Club dei G8”, il che significa che è una delle principali potenze economiche mondiali, ma nel campo della scienza e ricerca tecnologica non è agli stessi livelli degli altri partner. Si classifica infatti vicino a Grecia, Portogallo e Spagna.

Il primo problema è da addebitare ai limitati investimenti sia da parte delle imprese e degli enti pubblici che delle aziende private. In rapporto al Prodotto Interno Lordo, contro il 3,03% del Giappone, il 2,58% degli USA, il 2,29% di Germania ed il 2,19% di Francia, la spesa per la ricerca e sviluppo in Italia è solo del 1,02%.

Per quanto riguarda le risorse umane impegnate in Europa nel settore scientifico e tecnologico in % della forza lavoro, al 20,9% della Svezia, al 19,5% del Belgio, al 18,5% della Danimarca, al 15% di Francia, Inghilterra fa riscontro l’8,1% dell’Italia.

SPESA  % PER RICERCA E SVILUPPO  IN RAPPORTO AL PIL

Giappone 3,03
USA 2,58
Svezia 3,77
Finlandia 2,89
Germania 2,29
Francia 2,19
Olanda 2,04
Islanda 2,02
Danimarca 1,93
Belgio 1,84
Inghilterra 1,82
Austria 1,80
Irlanda 1,40
Italia 1,02
Spagna 0,90
Portogallo 0,63
Grecia 0,51

RISORSE UMANE  IN % DELLA FORZA LAVORO

COINVOLTE NEL SETTORE SCIENTIFICO

Svezia 20,9
Belgio 19,5
Danimarca 18,5
Finlandia 18,0
Olanda 16,8
Francia 15,0
Inghilterra 14,8
Germania 14,4
Irlanda 13,9
Spagna e Grecia 12,7
Italia 8,1
Portogallo 7,2
Austria 6,6

Anche nel campo della R&S farmaceutici l’Italia si è notevolmente impoverita: al fenomeno delle fusioni di grosse aziende farmaceutiche e bio – tecnologiche ha fatto seguito il trasferimento dei laboratori R&D in U.K., Germania, Francia.

C’è da augurarsi che le promesse dei nuovi governanti di portare in 5 anni i fondi per la ricerca al 2% del PIL siano mantenute.

Alla attuale carenza di fondi si aggiunge la tradizione italiana di gestione burocratica e clientelare dei poteri accademici e politici che difficilmente premia i migliori. Incarichi e nomine sono decisi in base ad un consolidato sistema di “scambi di favore”.

Anche il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) si trova in questa difficile situazione. Speriamo che il suo nuovo modello con premesse di tipo organizzativo, istituzionale, amministrativo serva a dare un nuovo vigore e ringiovanimento a questo ente.

Nelle attuali condizioni del nostro Paese, l’augurio è che da parte delle autorità governative ci sia realmente la volontà di favorire gli investimenti nella R&S, da parte dei responsabili di progetto di mettere da parte “campanilismi” e schemi di potere ormai “fuori tempo”, da parte delle aziende private di investire in R&S, da parte dei ricercatori di “tirare fuori” cose sempre nuove ed all’avanguardia. In mancanza di questi presupposti, c’è il rischio di essere cacciati dal Club dei G8 o di rimanervi solo a carattere di comparsa.